(articolo pubblicato su Espoarte - contemporary art magazine, n. 58, aprile/maggio 2009)
Pablo Echaurren, Vestire il futuro, tavola 11
Nell’anno delle celebrazioni del Futurismo, il MIAAO (Museo Internazionale Arti Applicate Oggi) di Torino organizza una doppia mostra sul futurismo minore, quello meno conosciuto poichè non legato all’apologia politica del Ventennio.
Un movimento artistico sotterraneo e rivoluzionario come lo sono tutte le avanguardie, sovvertitore come il futurismo più noto, ma al quale si deve la capacità di connettere le istanze estetiche a quelle più proletarie. È mai esistito un futurismo di sinistra o, perlomeno, non di destra? Finalmente, a un secolo di distanza, possiamo guardare all’arte di inizio secolo con un distacco storico che ci permette di coglierne le valenze artistiche e le ricerche ribelli, tralasciando l’adesione a messaggi nazionalpopolari che, ancora oggi, un certo revisionismo storico vorrebbe imporre. Il MIAAO presenta una doppia mostra il cui fil rouge è rappresentato dall’artista e collezionista Pablo Echaurren: da una parte le sue opere e dall’altra quella della sua collezione (condivisa con Claudia Salaris). E in mostra strumenti musicali, motori roboanti, l’industria dell’arte, e tanti, troppi, teschi: icona reiterata delle opere di Echaurren. Politica, religione, vita e morte sono i topos che si sviluppano nelle sale del centralissimo museo torinese, in un vortice rintronante che dai lavori degli anni ‘10 a quelli più recenti di Euchaurren, permette di superare le dialettiche idealistiche delle fazioni politiche, per sostituirle con nuova conoscenza e coscienza.
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