In questi mesi la campagna elettorale del neopresidente statunitense ha avuto un suo “tormentone”: l’immagine di Shepard Fairey. Il graffittista, prima conosciuto solo per i suoi guai con la legge, ha ritratto il volto del presidente utilizzando i colori “americani”: rosso, blu e bianco; il celebre poster Obama Hope ha fatto il giro del mondo. Dal punto di vista puramente artistico il manifesto sa molto di déjà vu e probabilmente ha colpito proprio per il suo essere diretto, riconoscibile, comprensibile; sulla scia della popolarità di Obama e del necessario desiderio di riporre le speranze collettive in una nuova icona. Il poster è diventato in breve il simbolo della campagna elettorale, non c’è probabilmente luogo del mondo nel quale non sia arrivato.
Non essendo stato originale nell’esecuzione Fairey poteva per lo meno sforzarsi di esserlo nella scelta dell’immagine: recentemente, infatti, l’agenzia di stampa Associated Press (una tra le maggiori degli States) ha accusato l’artista di aver copiato il ritratto da una foto di proprietà dell’agenzia. La foto, risalente a tre anni fa, ritraeva il candidato presidente assieme all’attore George Clooney; l’autore dello scatto fu il fotogiornalista Mannie Garcia, il quale non lavora più per Associated Press e che, quindi, potrebbe vantare gli stessi diritti sull’immagine “rubata”. Eppure Garcia non pare disposto a tanto, anzi, avrebbe dichiarato di aver visto la locandina per mesi senza neppure collegarla al proprio lavoro.
Da parte sua, Fairey ha rivelato di non aver percepito compenso per l’immagine e poi, in un momento di euforia simile, non sarebbe vantaggioso per la visibilità dell’Agenzia un’azione legale di punizione del colpevole. L’Associated Press ha, infatti, fatto notare che l’utilizzo, anche senza scopo di lucro, delle immagini coperte da copyright va autorizzato esplicitamente. Fairey si è comunque prontamente rivolto ad un legale, il quale avvisa che l’eventuale difesa potrebbe far appello al Fair Use previsto dalla legislazione nordamericana.
Il dibattito è aperto e numerosi giuristi esprimono, attraverso i media locali, le proprie opinioni discordanti.
Intanto, è di venerdì sera la notizia dell’ennesimo fermo di Fairey che, mentre si recava all’inaugurazione della sua personale presso l'Institute of Contemporary Art di Boston, è stato fermato dalla polizia e portato al commissariato. L’artista è stato arrestato per aver, secondo la questura, “imbrattato” i muri di Boston. Fairey, trentottenne, rischia fino a tre anni di galera.
L’aspetto incredibile è che, qualsiasi sviluppo prenderanno le due vicende, Fairey si trova, in un unico momento al centro di due diatribe che necessitano di frame legislativi. Entrambe le questioni risultano controverse: copyright, immagini internet, diritto d’autore da un lato e riconoscimento della street art dall’altro. Salito alla ribalta in pochi mesi, Fairey sta già scontando gli svantaggi della notorietà, speriamo non debba scontare anche un periodo in carcere.
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