Vacanze pasquali, settimana della cultura e ora MiArt: una serie di eventi successivi che hanno trasformato Milano, portando una primaverile ventata di cultura e arte contemporanea.
E l’amministrazione milanese, forse stanca dell’accusa che la vede distante dai propri cittadini, ha contribuito allo sviluppo di un progetto che porta l’arte contemporanea per le strade e le piazze. In occasione del MiArt, è stata organizzata Miraggi: una proposta/percorso di fruizione partecipata che si sviluppa nel centro cittadino e che lega la fiera al suo territorio, in una relazione nuova e sinergica. I Milanesi hanno già potuto gioire della presenza di opere d’arte sparse qua e là, nei luoghi maggiormente significativi della metropoli.
Abituati a relegare l’arte a contenitori deputati, si è perso il contatto con l’arte pubblica e con i monumenti che hanno caratterizzato tante epoche delle città in cui viviamo. Oggi, grazie a fruttuose collaborazioni tra gli enti pubblici e i privati, si comincia a costruire un vero e proprio network dell’arte, anche in vista di eventi futuri di ampio raggio contenutistico e geografico.
Il progetto Miraggi, ideato dall’Assesorato dell’Arredo Urbano in collaborazione con la fiera di questi giorni, vede l’installazione di dodici sculture appositamente realizzate da artisti italiani e sudamericani (quest’anno il MiArt dedica un particolare focus a Buenos Aires e celebra l’arte proveniente dall’America Latina). Veri e propri “miraggi” nel paesaggio urbano, queste opere dialogheranno con la città e con gli eventi di questo periodo: oltre alla fiera, vi sono mostre notevoli sia nelle istituzioni museali che nelle gallerie milanesi.
Trasformato in un museo all’aperto, il centro cittadino accoglierà visitatori e operatori culturali, dimostrando che la qualità di una fiera si misura anche in base agli eventi collaterali organizzati e alle collaborazioni che sa creare con il contesto di riferimento. Inoltre, piace tanto l’idea di coinvolgere la città per un tempo più lungo della durata della fiera, dimostrando di voler ridestare l’attenzione dei residenti e di voler rendere più famigliare la fiera. E’ forse finalmente finito il tempo dei grandi eventi organizzati per un target di pubblico rigidamente definito? Può darsi che una nuova consapevolezza si stia sviluppando, alla ricerca di nuovi pubblici ma soprattutto di un’illuminata apertura ai temi della fruizione e della didattica artistica.
La città risulta più interessante, dinamica, piacevole da riscoprire (o scoprire), disponibile all’aggregazione e alla circolazione di persone e idee, in una parola: più bella.
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