Interviene quasi architettonicamente nello spazio della galleria Franco Soffiantino Michael Beutler (Oldenburg, 1973). Invitato per la seconda personale nello spazio torinese, Beutler ha carta bianca, e da buon visionario qual è, non può chiedere di meglio. Tra gallerista e artista si instaura un rapporto di confidenza, di conoscenza reciproca e amore per il luogo che porta l’artista a reinterpretare il vuoto della galleria disallestita.
Due piani: due installazioni, chiamate “Sopra” e “Sotto”, con una semplicità che non è banalità, bensì extra-ordinarietà. Talvolta la rivoluzione è chiamare le cose con il proprio nome, aderire a posizioni ovvie, albergare il quotidiano e riscoprirne gli angoli perduti: questo è il lavoro di Beutler. Al primo piano è una struttura metallica che ricorda i ferri rugginosi tanto cari a Giuseppe Uncini. Come lo scheletro di un maestoso animale preistorico, la struttura ricalca il volume dell’ambiente - suddiviso in vani - seguendone le curve, elevandosi verso il soffitto, sottolineandone gli spigoli. Chi frequenta la galleria è quasi sconcertato: l’installazione site-specific stravolge il luogo, ma contemporaneamente ne accentua l’identità, permettendo l’osservazione dettagliata e una nuova scoperta degli spazi che tante volte abbiamo visitato. La sintonia è magica; dopo una prima leggera diffidenza, la curiosità e la famigliarità con la galleria permettono di prendere coraggio e di entrare nell’opera, abbassandosi qui, attraversando là. Anche le vetrine che danno sulla via paiono diverse se viste dall’interno dell’installazione: si può vedere un tram che passa e il disegno del reticolato dei cavi elettrici che lo sovrastano è simile a quello del lavoro di Beutler; e i binari sottostanti paiono costituiti dello stesso materiale. L’arte supera i limiti spaziali delle portefinestre e si armonizza con l’ambiente.
La struttura, morfologicamente aderente allo spazio, consta in realtà di moduli assemblati che permetteranno all’artista di trasporre l’esperimento altrove, allestendo “Sopra” in altri spazi architettonici. Un nuovo pensiero si insinua e ci parla dell’instabilità di ciò che riteniamo dato, sussurra di mutabilità di architetture e strutture (mentali?), racconta di nuovi punti di vista. Il lavoro di Beutler, che predilige le grandi installazioni, è caratterizzato (qui come nel passato) da un interesse formale e da una ricerca installativa quasi maniacale: a lungo esamina lo spazio nel quale dovrà operare, con una particolare attenzione ai dettagli, a quelle che paiono minuzie, alle imperfezioni.
Lavoro dialettico di reinterpretazione spaziale, mira all’instabilità, genera crisi, decostruisce e allo stesso tempo ricostruisce. Costringe il visitatore a dialogare con l’opera e con lo spazio, proponendo punti di vista inediti, proiezioni prima d’ora ignorate, ma non per questo inesistenti. I punti fermi scompaiono, le certezze si fluidificano e suggeriscono ipotesi di instabilità.
“Sopra” è tanto formale quanto “sotto” è sostanziale. I due contrari, complementari, presenziano in maniera differente nei due livelli della galleria. Così come “Sopra” è spazio aperto, “Sotto” è claustrofobia; “Sopra” è monocromo asettico, “Sotto” è un tripudio di colori e calore, “Sopra” è geometria essenziale, “Sotto” è caos. Anche “Sotto” interviene sulle specifiche architetturiali della galleria; struttura in bambù e carta colorata, è un percorso labirintico che richiama le forme degli spazi-gioco per bambini nei grandi centri commerciali. Un forte odore di carta patinata accompagna il percorso. Quasi concentrica, la struttura si chiude su se stessa e, alla fine del tragitto troviamo un tavolo da lavoro, attrezzi dell’artista, rotoli di carta appoggiati alle pareti… quasi un work in progress, oppure un lavoro sospeso che diventa un invito a farci creatori a nostra volta, a immaginare di riallestire lo spazio, di riallestire tutti gli spazi, di dar vita a opere che siano la fase finale di un processo di analisi e conoscenza dei luoghi.
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