(articolo pubblicato su Artkey n°6 - settembre/ottobre 2008)
Lo Studio Legale Michela Cocchi partecipa a numerose commissioni internazionali tra cui l’American Bar Association (ABA) di Chicago e l’Union Internationale des Avocats (UIA) di Paris. In particolare, Michela Cocchi è stata Presidente della Commissione UIA sul Diritto dei Mezzi di Informazione ed è ora Presidente del Gruppo di Lavoro UIA Business & Human Rights. L’Avvocato ha inoltre una profonda conoscenza del mercato dell’arte e del Diritto dei Beni e delle Attività Culturali.
Susanna Sara Mandice: Avvocato, tra le tante attività, lei si occupa di Diritto dei Beni e delle Attività Culturali, branca giuridica fondamentale nel panorama italiano ed internazionale e che a Bologna annovera diverse eccellenze. Nel 2007 realizza il format Art & Money: vuole presentarcene brevemente l’attività e il campo d’azione? Michela Cocchi: L’esperienza del sistema dell’arte e del suo mercato, la tradizione internazionale e la coscienza del valore dell’italianità hanno da sempre contraddistinto la nostra attività di Studio e hanno portato, nel 2007, alla realizzazione di “Art & Money - Arte e Denaro”, da cui è scaturito un format che, dopo avere visto la sua prima edizione a Bologna, è oggi esportato anche all’estero. Lo scorso giugno Art & Money è arrivato a New York, nell’ambito del programma annuale di incontri della Commissione di Diritto dell’Arte dell’Ordine degli Avvocati di New York e nel 2009 è previsto un incontro a Berlino. A New York sono intervenuti il prof. Dario Giorgetti, archeologo del Dipartimento di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Bologna, Virginia Rutledge, Presidente della Commissione di Diritto dell’Arte dell’Ordine forense di New York e Howard Spiegler, uno dei maggiori esperti statunitensi in tema di recupero di opere d’arte rubate. La nostra attività è guidata dalla volontà di proteggere il nostro valore culturale e di favorire una più stretta, efficace e concreta cooperazione tra istituzioni, collezionisti e operatori del mondo dell’arte. Nel 2007, Art & Money ha sviluppato un’analisi del mercato dell’arte, resa possibile grazie alla collaborazione e al sostegno di operatori culturali, istituzioni, esperti di finanza e di informazione. Tale lavoro si è rivelato indispensabile alla nostra attività e ha permesso quest’anno di concentrarsi sul concetto di “proprietà culturale”, su qual è il suo valore e quale la sua funzione. Nel 2009, esploreremo modelli, strategie e possibili schemi di intervento nel rapporto tra istituzioni pubbliche e soggetti privati nel sistema dell’arte. Produzione, collezione, scambio, divulgazione, preservazione… tutto ciò che si inserisce nel processo artistico-culturale.
S.S.M. La giurisprudenza crea norme che sono lo specchio della realtà e che allo stesso tempo ne determinano il funzionamento. Risponde a istanze sociali e stabilisce valori condivisi e necessari alla collettività. Lei ha parlato del concetto di proprietà culturale, mi piace quindi chiederle di fornircene una definizione giuridica. Quando e come possiamo tutelare questa proprietà e promuoverla? Quali caratteristiche deve avere un Bene Culturale per meritare attenzione da parte del Legislatore? M.C. L’argomento toccato si rivela un tema estremamente coinvolgente nell’attuale contesto globale e internazionale. Più che fornire una definizione che tenga conto di un rigido punto di vista, preferisco porre l’accento sul come si è giunti ad assodare le convinzioni di oggi. Circa 20 anni fa, in diversi paesi e più o meno contemporaneamente, l’attenzione ha iniziato a focalizzarsi sugli oggetti d’arte e sul loro ruolo di fonte di potere, non solo in ambito culturale. Le antichità hanno iniziato ad essere considerate proprietà culturali dal forte valore identitario, legate cioè a un tempo e un luogo dati, pertanto si è diffusa l’opinione che queste debbano ritornare al proprio paese d’origine. Giornali, riviste, media in generale e soprattutto musei hanno contribuito a divulgare questo concetto a collegarlo a quello di eredità culturale. Cruciale è oggi il riconoscimento del ruolo che non solo gli oggetti, ma anche i siti storici, hanno nella creazione dell’identità culturale di un luogo. È giunto il momento di percorrere un nuovo sentiero, che riconosca l’esistenza di un contesto internazionale, nell’imprescindibile rispetto delle realtà nazionali. Cosa fa di un oggetto una proprietà culturale? Cosa lo rende degno di essere conservato e preservato per le prossime generazioni? Sono questioni che occorre affrontare da varie prospettive: contesto temporale e spaziale, identità culturale, coesione culturale, simbolismo, diritti umani, legalità e legittimità.
S.S.M. L’Italia ha prodotto probabilmente il corpus legislativo più attento alla protezione del patrimonio nazionale. Le nostre leggi vengono prese ad esempio all’estero e hanno portato alla situazione odierna. Eppure, in un’evoluzione legislativa che presta attenzione non solo più alla tutela e alla protezione, ma introduce - a partire dagli anni Novanta e nel Codice Urbani - concetti di promozione, valorizzazione e fruizione, alcune restrizioni risultano limitanti. In tanti lamentano che l’Italia non concede prestiti se non dopo lungaggini burocratiche che paiono spesso freni mentali. Qual è la sua opinione in merito? M.C. L’Italia notoriamente ha uno dei più vasti patrimoni d’arte del mondo. È un dato della realtà che non va mai dimenticato nel leggere le regole nazionali di tutela che ci hanno, peraltro, fatto conquistare il ruolo di leader nella protezione delle eredità culturali, avendo una delle migliori legislazioni del mondo in tema di tutela delle antichità. La competenza e l’efficacia dell’operato del reparto dei Carabinieri dedicato alla tutela del patrimonio culturale sono note e riconosciute non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo. A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, numerose convenzioni internazionali sono state introdotte per combattere il traffico illegale di beni culturali, da un lato, e per promuovere la restituzione di oggetti ai loro paesi d’origine, dall’altro. Alle convenzioni internazionali multiparti si sono affiancati, con il tempo, accordi bilaterali che si sono dimostrati particolarmente efficaci ai fini del consolidamento della legalità negli scambi. Anche in questo ambito, l’Italia si è rivelata protagonista. L’accordo siglato nel 2001 e confermato nel 2006 tra Italia e Stati Uniti costituisce, nell’intero panorama internazionale, un modello di e per lo scambio culturale, grazie al quale non solo si sono potuti operare importanti recuperi di beni archeologici clandestinamente sottratti, ma si potranno anche compiere altrettanti importanti collaborazioni per incoraggiare il comportamento legale ed etico di collezionisti, mercanti e musei.
S.S.M. I repentini cambiamenti di Governo non fanno certo bene a un ministero delicato come il MiBAC, che necessita di continuità e coerenza. Al di là delle posizioni politiche, la gestione di Rutelli si era caratterizzata per un ottimo operato in tema di diplomazia culturale. Ci auspichiamo che tale indirizzo venga perseguito anche dal nuovo Ministro. Quali sono i progetti in cantiere? M.C. Ne cito uno per tutti, perché si inserisce nel solco che si va tracciando ed è un’ulteriore recentissima dimostrazione del valore della cultura e dell’arte quale strumento diplomatico. Il 4 giugno scorso si è svolto a Villa Madama, a Roma, il primo Vertice intergovernativo Italia-Egitto, a cui hanno partecipato il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed il Presidente egiziano Hosni Mubarak. Incontri collaterali hanno visto la presenza del ministro degli Esteri Franco Frattini, dello Sviluppo economico Claudio Scajola, delle Politiche agricole Luca Zaia, della Cultura Sandro Bondi e dei Trasporti Altiero Matteoli. I Ministri degli esteri dei due Paesi, Franco Frattini e Ahmed Abul Gheit, hanno firmato un Memorandum d’Intesa per l’istituzione di quello che è stato chiamato “Partenariato strategico rafforzato”: il Memorandum prevede che si tengano vertici bilaterali a cadenza annuale, mantenendo le consultazioni annuali a livello di Ministri degli Esteri e di Direttori Generali. I ministri Frattini e Gheit hanno inoltre firmato una dichiarazione congiunta sull’istituzione di una università italo-egiziana. Dichiarazione congiunta anche sulla proclamazione del 2009 quale Anno italo-egiziano della scienza e della tecnologia. Nel corso del Vertice, sono stati inoltre firmati un memorandum sulla cooperazione nell’industria della pesca e del settore marittimo e un accordo sul restauro del museo Midan Tahri del Cairo, che affida all’Italia l’esecuzione del progetto per la realizzazione del masterplan. Inoltre è stato siglato un altro memorandum sulla protezione e la restituzione dei beni culturali, che avvia una cooperazione bilaterale volta ad applicare misure preventive, repressive e di contrasto alle illecite importazioni, esportazioni e agli illegittimi trasferimenti di proprietà di beni culturali. La portata di interventi di questo tipo è evidente. Basti aggiungere che un altro tema affrontato nel corso dell’incontro è stata la dichiarazione della comune volontà dei due paesi di contribuire efficacemente alla distensione della situazione in Medio Oriente.
S.S.M. Quando si parla di scambi culturali tra paesi, si fa riferimento a reperti archeologici o produzioni artistiche di enorme valore storico. Qual è la situazione dell’arte contemporanea in questa prospettiva? Si tratta di un settore abbandonato a se stesso e alle regole del mercato o, essendo maggiormente legato ai privati, sottostà a regole differenti? M.C. L’arte contemporanea evidentemente solleva questioni differenti in termini di sicurezza degli scambi, che resta la ragione e l’obiettivo primario di ogni intervento volto a regolamentare. Regolamentare, voglio sottolineare, non significa impedire. Regolamentare significa fornire la chiave di accesso. La regola di diritto va letta come un manuale di istruzioni per l’uso, non come un elenco di divieti. Detto questo, va pure sottolineato che la creatività artistica si sviluppa quando e dove l’ambiente lo permette e per ambiente si intendono non solo i luoghi istituzionalmente dedicati alla produzione di cultura, ma anche e soprattutto i luoghi di ritrovo della comunità, i bar, i locali notturni, la strada. La storia dell’arte è fortemente caratterizzata dall’associazione tra luogo e prodotto d’arte in una sorta di agglomerato. Si tratta di veri e propri clusters. Sotto questo profilo, gli elementi caratterizzanti il sistema dell’arte contemporanea si rivelano profondamente differenti nell’ambito nazionale rispetto a quello internazionale. Gli accordi bilaterali, pur specificamente rivolti alla protezione del materiale archeologico, possono rivelarsi utili come motore propulsore dello sviluppo di buone pratiche, anche al di fuori della loro sfera di applicabilità, per incoraggiare etica e legalità nel comportamento di e tra collezionisti, galleristi e musei. La prassi che gli accordi hanno introdotto si traduce, infatti, in una manifestazione generale di buona volontà degli operatori del sistema dell’arte, per una più stretta e trasparente cooperazione e collaborazione tra istituzioni pubbliche e soggetti privati. Si tratta di un principio fondamentale che si trova espresso oggi in riferimento al materiale archeologico, ma che può e deve trovare concreto accoglimento in ogni settore culturale, senza alcuna giustificata possibilità di distinzione fondata sull’epoca di concezione e produzione del bene o dell’oggetto. Da questo punto di vista, il concetto-chiave in qualche modo introdotto con gli accordi internazionali è quello di “scambio”, sull’aggiornamento e attualizzazione della cui concreta definizione sono chiamati a giocare anche e soprattutto gli operatori dell’arte contemporanea, pubblici e privati, nazionali e internazionali, musei, gallerie, collezionisti e artisti.
S.S.M. E a proposito dei privati, qual è il loro ruolo? Come possono inserirsi e favorire gli scambi culturali e la diplomazia tra paesi? M.C. Anche nell’arte, come in ogni altro settore, facendo soldi, facendoli eticamente e facendo la differenza. Comprendere, accettare e fare proprio che c’è virtù in questa stringata e, all’apparenza, cruda affermazione, significa in realtà spostare l’attenzione dal concetto di fare soldi a quello di fare la differenza: dal mero perseguimento del proprio benessere economico a una filosofia di comportamento che rende la vita veramente degna di essere vissuta e che certamente include la possibilità della fruizione di un momento d’arte.
Nessun commento:
Posta un commento