Le polaroid di Schnabel. Fondazione Forma, ottanta scatti del grande artista a Milano

(Articolo pubblicato su Insideart.eu il 29 settembre 2011)

La fondazione Forma di Milano, situata nello storico deposito dei tram situato in uno dei quartieri più vivaci e frequentati della città, ci ha abituato a mostre di indubbio valore. Recarsi in visita corrisponde praticamente alla garanzia di soddisfazione: Forma non delude quasi mai. Recentemente sono state inaugurate (come spesso accade) due mostre parallele, visitabili fino al 20 novembre: La scelta della felicità, fotografie di Jacques Henri Lartigue e “Polaroids di Julian Schnabel”.
In particolare l’esposizione del secondo, già ospitata dalla Colnaghi gallery di Londra, presenta un’ottantina di polaroid di formato gigante, scattate con un vecchio apparecchio 20 x 24 pollici del 1970 delle dimensioni di un frigorifero. Macchine di questo tipo non sono ordinarie, 
secondo alcuni potrebbero essercene in circolazione meno di una decina nel mondo intero e una di queste è l’ingombrante apparecchio utilizzato da Schnabel.



L’effetto sbiadito, il formato insolito, la malinconia intimista che le polaroid normalmente hanno e la serie di ritratti celebri rendono la mostra uno spaccato delicato e soave della vita di uno tra i più newyorkesi più noti. È il suo sguardo quello dietro l’obiettivo, delicato e immediato come il lavoro dietro la macchina da presa, probabilmente più conosciuto. Candidato all’oscar (2001) e vincitore al Festival di Cannes (2007), Schnabel è regista e sceneggiatore, ma prima di tutto fotografo e pittore: ha esposto nelle maggiori gallerie americane ed europee tra le quali la Gagosian gallery di New York e la Yvon Lambert di Parigi, nonché alla fondazione Mirò di Barcellona, al Reina Sofia di Madrid, alla Kunstalle di Basel, al Whitney museum of american art, alla Tate di Londra, per citarne alcuni.


In mostra a Milano ritratti di amici celebri (meraviglioso lo scatto che racconta Lou Reed) ma anche profili di sconosciuti, istantanee di una New York sfuggente e rarefatta e composizioni di oggetti ordinari. Su alcune foto compare inoltre il segno pittorico del poliedrico artista. L'esposizione, curata da Petra Giloy-Hirtz (realizzata in collaborazione con diChroma photography grazie al contributo del gruppo bancario Paribas) appare come un poetico libro per immagini che attraversa momenti della vita del fotografo e della sua città. Si alternano foto dai colori accessi a intimistici bianco e nero, il cui anno di produzione risulta quasi irrilevante poiché, come sempre, le polaroid paiono intorbidite da un polveroso velo di sogno. 

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