Consumo d’arte, Biennale di Busan 2008

(nota: questo articolo è stato pubblicato su Artkey n°4 - aprile/maggio 2008)

La biennale di Busan, Corea, avrò luogo quest’autunno dal 6 settembre al 15 novembre. Settanta giorni per esplorare un tema tanto attuale quanto delicato: Expenditure ossia consumo, dispendio.
Gli artisti contemporanei già da tempo indagano le tematiche del consumismo globale, dell’economia sostenibile, degli stili di vita. E giustamente le istituzioni ne prendono atto e di fanno portatrici di istanze condivise impossibili da ignorare.
Busan 2008 si prefigge di presentare, attraverso i diversi media della contemporaneità (sculture, video, foto, pittura…) una nuova filosofia del consumo (o del non-consumo) che prende le mosse dall’ideologia del francese Georges Bataille, letterato e sociologo. Surrealista dapprima, filotroskista poi, Battaille ha ben descritto un’idea nuova di consumo negando l’imperante ricerca di potere legata a obiettivi anti-etici. Accumulazione, regime, accentramento dei risorse e conseguenti ricadute socio-economiche: sono questi i temi che la biennale sostiene di voler contrastare attraverso una critica estetica e culturale. Interessante che tale presa di coscienza provenga da un’istituzione asiatica, voce fuori dal coro in un continente che corre per inserirsi nel mercato globale e perpetuare le dinamiche economiche vigenti.
La biennale di Busan si pone quindi come punto di rottura per dar luogo e discontinuità generative e incoerenti con il sistema predominante, ma in linea con una nuova serie di prospettive etiche ed estetiche. Annunciano gli organizzatori della biennale di volersi porre, in linea con i temi di Battaille, agli antipodi di concetti quali produzione, accumulazione, acquisizione, controllo… E soprattutto, come il filosofo francese, asseriscono che la cultura si sviluppa attraverso attività giudicate insignificanti.
L’obiettivo diviene quindi reinterpretare la società contemporanea da un punto di vista estetico, differenziandosi quindi dalla altre biennali. L’accusa mossa a queste ultime è di perseguire in qualche modo sperpero e abbondanza e di presentare artisti troppo vicini ad un’idea univoca di mercato, o meglio di mercificazione.

Sarà possibile mantenere una rotta ideologica così marcata? Il direttore artistico, Kim Won-bang professore e critico d’arte, scommette di sì e chiama a raccolta un centinaio di artisti che prontamente rispondono all’appello, dando così vita al primo evento concomitante la biennale. Si tratta della mostra intitolata Expenditure, Art, Culture ossia Consumo, Arte, Cultura presenterà la direzione intrapresa dalle odierne attività artistiche che rinnegano lo stile di un’economia orientata al prodotto e centrata sulle apparenze per sostituirla invece con più elevati valori morali. La nuova religione è quindi un culto laico nel quale la divinità polimorfa è la “cultura”.

Altro evento collaterale sarà il Sea Art Festival, gestito dal curatore indipendente Jeon Seung-bo che riunirà una sessantina di artisti per approfondire il tema Viaggio senza frontiere.

Il festival vuole abbracciare le contraddizioni e i paradossi ritenendoli la vera essenza della vita che si dovrebbe invece sviluppare attraverso la formazione e la creatività. Infine il Busan Sculpture Project, diretto dallo scultore Yi Jeong-hyeong, attraverso venti lavori si intolerà Avant Garden, suggellando il concetto di avanguardia con il luogo che ospita l’evento: il Naru Park. Anche in questo caso ci si prefigge di essere innovatori e precursori nello sviluppo di temi inediti: l’intenzione è di trasformare gli spazi quotidiani in spazi creativi: rinnovare il parco pubblico inondandolo di opere dal forte contenuto epistemologico oltre che etico.

Insomma gli organizzatori della biennale coreana si stanno dando da fare per proporre un prodotto nuovo: artistico e filosofico allo stesso tempo e, almeno nelle intenzioni, slegato dalle dinamiche di mercato. Sarà davvero possibile o una irrealizzabile utopia? La spiritualità, da sempre centrale nelle tradizioni orientali, la farà da padrona, ma non sono forse gli stessi orientali a credere nelle conseguenze provocate all’altro capo del mondo dal semplice battito d’ali di una farfalla? Chissà, da noi che eco avrà la biennale e chissà come riuscirà a restare davvero al di fuori di alcuni ormai consolidati schemi mondiali. Non ci resta che attendere…

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