Le lacrime amare di Petra Von Kant

(articolo pubblicato sul portale www.beniculturalionline.it)

Si è concluso a Torino, ma per proseguire la tournèe in Italia e non solo, Le lacrime amare di Petra von Kant, piéce dapprima teatrale, poi cinematografica di Rainer Werner Fassbinder.
Co-produzione del Teatro Stabile di Torino e del Teatro Stabile dell’Umbria, con la collaborazione del Théâtre National Populaire Villeurbanne-Lyon, diretto da Antonio Latella e magistralmente interpretato da Laura Marinoni, lo spettacolo emoziona, coinvolge, rapisce lo spettatore, per poi abbandonarlo a sé stesso, spoglio di tutto, ri-nato e sgomento. Sin dall’inizio è il bianco a colpire l’occhio, la luminosità acromatica, che contiene in sé tutti i colori, come Petra gli umori: li contiene, li raccoglie, ne fa involontaria collezione, depositaria della condizione umana e femminile, amante per eccellenza, irrazionale e savia, acuta e ottusa. Petra esce da se stessa, partendo dall’analisi della propria sessualità, rimette in discussione la società stessa, il suo carattere superficiale e asettico. Impara ad amare in maniera inedita, con occhi nuovi inizia a vedere il mondo circostante. A noi, questo mondo è suggerito con pochi, significativi, dettagli: cappelli e occhiali che nascondo il volto dell’amica Sidonie, una collana indossata come un cappio, abbigliamento minimale, pioggia sui vetri e soprattutto luci e ombre, colori e suoni. Attrici in carne ed ossa, tutte eccezionali, e ombre cinesi, che si devono ai maestri Massimo Arbarello e Sebastiano Di Bella, che hanno la bravura d’incantarci, di farci stupire e sentire ancora un po’ bambini, come quei “giocattoli” di archeologia del cinema, ancora in grado di commuoverci.

Ogni particolare è curato, quasi esasperato, in un gioco di opposti forte e inequivocabile che porta alla rottura di tutti gli schemi nel finale del melodramma. Il sonno di Petra viene interrotto bruscamente da uno squillo acuto, premonitore di quella che sarà una valanga travolgente di sorprese. La freddezza iniziale, l’autocontrollo esacerbato crollano quando Pedra inizia ad amare senza misure, a donarsi completamente. Alla paura subentrano il trauma dell’abbandono e l’isteria, la rassegnazione e la lotta e, forse, infine la nuova consapevolezza. La protagonista e la sua furia disperata vengono bilanciate dalla fedele e silenziosa presenza di Marlene, personaggio tra i personaggi, interpretato dall’algida Barbara Schröer il cui volto espressivo e allo stesso tempo enigmatico comunica muto. Marlene, unica partecipante, oltre lo spettatore, a tutte le altalene umorali della prima attrice, come lo spettatore nulla può dire, ma comprende Petra e la sostiene, anche nell’irrazionalità. Fondamentale è il gioco di ruoli, diverse sono le maschere portate da ogni personaggio, in un palcoscenico di gerarchie e poteri tipici nelle rappresentazioni fassbinderiane. E quando, infine, a spettacolo concluso, Laura Marinoni con il volto ancora rigato di lacrime, sorride alla platea, rapita da tanta bravura, è un sollievo uscire da questa tragedia contemporanea, ma sarà impossibile, almeno per i giorni seguenti, impedire che il pensiero vi torni, per cercarne nuovi significati, per interpretare ancora un gemito, un urlo, un dialogo.

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