Cera, riso e polline. Wolfgang Laib alla Fondazione Merz

(articolo pubblicato su Espoarte - contemporary art magazine, n. 59, giugno/luglio 2009)
L’odore di cera è quasi frastornante, colpisce subito, appena varcato l’ingresso della Fondazione Merz. Si tratta di un frastuono silenzioso: trafigge l’olfatto e la vista, ma l’udito, quello no. Il museo, trasformato in silente cattedrale, sembra gigante; tutto è chiaro, mistico. C’è un’aura quasi spirituale, la quiete s’impadronisce dei sensi. Siamo così abituati ad una continua polifagia di rumori, immagini, movimenti che, paradossalmente, la visita alla Merz può far male. Wolfgang Laib ha invaso tutto con tre soli elementi: cera, riso e polline. La riflessione pacifica gli animi e induce a soffermarsi sui temi della nutrizione, della creazione, dell’armonia del cosmo.

Con la cera d’api Laib ha eretto un enorme ziggurat, piramide a gradoni che rinnova il legame tra cielo e terra, tra concreto e astratto, tra corpo e spirito, polarità opposte che continuamente si attraggono in una ricorsiva dialettica simbolica. Attorno alla piramide, su quasi tutta la superficie pavimentale della Fondazione, si ergono piccole piramidi di riso basmati. Novecento chili di riso in mucchietti di due manciate, porzione giornaliera di nutrimento. Uno stretto sentiero è stato lasciato per permettere il passaggio lungo il perimetro dell’installazione. E girando l’angolo che porta alla seconda sala del grande open space, tra tanti coni color avorio, si innalzano, fiere e splendenti, nove piramidi gialle più piccole. Il contenuto di un intero barattolo di polline di nocciolo, pazientemente raccolto da Laib, simboleggia l’inizio, la produzione della vita, i cicli eterni della natura.
La mostra torinese è la seconda tappa di un percorso in tre momenti: il primo, celebrato nell’India del sud da nove bramini, è il rito del fuoco che, principio e fine di ogni cosa, verrà ripetuto nel cortile della Fondazione Merz, dal 1 al 6 giugno. Quarantacinque sacerdoti bruceranno, in grandi bracieri di argilla, cibi, vestiti, erbe, latte. Il rito del fuoco, per la prima volta in Italia, simboleggia la rinascita spirituale attraverso la rinuncia materiale.
Apparentemente distanti da noi, l’installazione e il rito vedico ripongono temi cari tanto alle religioni tradizionali occidentali – spiritualità, nutrimento, risurrezione, rinuncia ai beni materiali – quanto a una più laica e contemporanea consapevolezza di responsabilità, sostenibilità etica e rinuncia. In tempi di consumismo, globalizzazione e nuove crociate religiose, l’arte di Laib supera gli schieramenti e indica, con estrema semplicità, una strada dal candore disarmante.

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