La parola nell'arte. L'arte senza confini al Mart di Rovereto

Ketty La Rocca, Elettro…addomesticati, 1965. Rovereto, Mart, Archivio Tullia Denza.

È raro visitare un’esposizione che risulti praticamente perfetta. È altrettanto raro imbattersi in una mostra che è allo stesso tempo un ambizioso progetto intellettuale.
Difficile risulta allestire uno spazio con un tema inedito, attuale, affascinante. Solamente poche istituzioni sono capaci di essere all’altezza di una proposta con tali caratteristiche. E il Mart lo è.
La mostra “La parola nell’arte. Ricerche d’avanguardia del ‘900. Dal Futurismo a oggi attraverso le collezioni del Mart” sarà allestita fino al 6 aprile al Mart di Rovereto che ha appena festeggiato i suoi primi cinque anni di attività. Cinque anni di esposizioni di successo, originali e indovinate, una collezione di notevole importanza, un dipartimento educazione tra i più validi in Italia sono gli elementi che hanno contribuito a far apprezzare la sede museale.
La parola nell’arte è la prima rassegna italiana attraverso la quale si indaga qual è, e quale è stato, il ruolo della scrittura nelle espressioni artistiche del XX secolo. Un tema seducente e allo stesso tempo di non semplice realizzazione che il Mart ha saputo indagare utilizzando sapientemente le opere della propria collezione e riuscendo a ottenere importanti prestiti. Inoltre la mostra è organizzata in collaborazione con Museion, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Bolzano.
Una mostra che è filosofia dell’arte, capace di mescolare linguaggi e contenuti e di risolversi in un’esperienza di crescita per il fruitore. Si esce dal Mart arricchiti di un nuovo bagaglio, gli stimoli sono innumerevoli e piacevole diviene la voglia di documentarsi, di conoscere, di apprendere ancora. Non solo un’esposizione artistica, ma un’indagine storico-scientifica sul secolo appena trascorso, prezioso contributo intellettuale al mondo contemporaneo.
Nelle opere presentate le contaminazioni verbovisuali portano la deflagrazione della linearità bidimensionale della carta stampata. I caratteri acquistano fisicità, la comunicazione diventa polisensoriale e declama i suoi messaggi con straordinaria forza in un evento artistico totale.
Il progetto è stato realizzato da un intero comitato curatoriale coordinato da Giorgio Zanchetti e che vede tra i suoi membri Gabriella Belli, Nicoletta Boschiero e Achille Bonito Oliva.
Il percorso espositivo si snoda cronologicamente in undici sezioni artistico-letterarie che rendono la visita lunga e avvincente: Il Futurismo, Dada e Surrealismo, L’avanguardia russa, La forma nella parola, Rivoluzione in parole, Parole in gioco, Parola e azione, Calligrafia, Parola e pensiero, Narrazione, Parola negata. Si parte quindi con i futuristi, iniziatori con le celebri sperimentazioni linguistiche della riflessione sul linguaggio figurativo e, passando per le avanguardie del ‘900, si termina con le ricerche più contemporanee.
Ogni opera va letta, guardata, elaborata, confrontata con le altre. Piccoli capolavori e grandi installazioni si alternano, permettendoci di comprendere quanto la letteratura e la poesia abbiano contribuito alla nascita dei diversi periodi artistici. La riflessione supera la mera dimensione estetica per divenire nel fruitore critica letteraria, scientifica e artistica. Linguaggio e immagini si intrecciano in una relazione eterogenea nella quale la Parola è la vera protagonista, qui scritta, là disegnata, altrove cancellata, in alcune opere celebrata, in altre negata, talvolta rivoluzionaria, politica, talaltra svuotata di senso, in alcuni casi assunta a mero segno grafico. Nelle sale troviamo libri, dipinti, disegni, manifesti, video, collage, installazioni. Oltre 800 opere esposte per ri-leggere l’arte contemporanea attraverso le contaminazioni tra linguaggi differenti. La transidisciplinarietà diviene il fil rouge da seguire in una molteplicità di esperienze di artisti assai differenti tra loro, dalle sperimentazioni su carta di Filippo Martinetti ai libri illeggibili di Bruno Munari, passando per le contaminazioni musicali di Jonh Cage e Giuseppe Chiari fino alle lavagne di Joseph Beuys. E ancora i libri oggetto di Duchamps, le sperimentazioni di Man Ray, i testi di Majakowskij, l’impegno femminista di Ketty La Rocca, la scrittura metropolitana di Basquiat, la serialità di Warhol, l’arte concettuale di Kosuth, la voce tonante di Michelangelo Pistoletto, le problematiche culturali di Shirin Neshat e quelle sociali di Marzia Migliora. Una mostra quindi consistente sia dal punto di vista numerico, sia qualitativo delle opere esposte. Un tema di ricerca poco esplorato eppure così ricco di suggestioni, capace di contenere in sé tutti i linguaggi e tutte le forme.

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