Peggy Guggenheim e l'immaginario surreale a Vercelli

Inaugura a Vercelli una mostra che ha tutti i requisiti per inserirsi tra gli eventi più significativi dell’attuale programmazione culturale italiana. Presentando parte della collezione di Peggy Guggenheim, la manifestazione nasce da un produttivo connubio di sinergie politico-territoriali e artistiche e di competenze multidisciplinari che quasi certamente non deluderanno il visitatore. La peculiarità dell’avvenimento risiede nel suo essere un insieme di situazioni collegate, gestite da professionisti dei diversi settori, soliti organizzare vetrine culturali di elevata qualità.
L’evento rientra nella stagione autunnale Contemporary Arts Torino Piemonte e pertanto gode già di una buona visibilità. L’idea vincente degli Enti locali piemontesi consiste nel dedicare un periodo dell’anno alle diverse forme della contemporaneità, che rendono il territorio attrattivo e dinamico. Già presente negli anni scorsi, nell’edizione 2007 la manifestazione si sviluppa e valica i confini torinesi, proponendo un programma ricco di appuntamenti diversi. Arti visive, cinema, musica, teatro e happening artistici si alternano in un calendario che valorizza e promuove il territorio regionale. Anche Vercelli, città solitamente trascurata dal turista, al di fuori del circuito dell’arte contemporanea, apre le sue porte a un’occasione insolita. Potrebbe essere l’inizio di una politica di rilancio territoriale su scala regionale, non solo centrata sul capoluogo.
Il progetto Arca, che prende il nome dallo spazio espositivo che inaugura assieme alla mostra, si svilupperà nel triennio 2007- 2009 con tre esposizioni che celebrano la figura di Peggy Guggenheim e il suo ruolo di mecenate e collezionista del ‘900. La scommessa è ambiziosa, anche se restano seri dubbi sul coinvolgimento del territorio stesso e sulla ricezione di un simile evento. Come già altre città, Vercelli correrebbe il rischio di ospitare manifestazioni culturali che, cattedrali nel deserto, attireranno visitatori “mordi e fuggi” del tutto disinteressati alla città e al relativo patrimonio. Gli stessi abitanti potrebbero restare indifferenti ad un avvenimento inusuale.
A smussare in parte questo spigolo concorre la scelta della location. L’esposizione viene infatti allestita in un luogo cardine della vita cittadina: l’ex chiesa di San Marco. Eretta nel Duecento con significativi interventi nel Quattrocento, decorata da un ancora semi-sconosciuto ciclo di affreschi attribuibili, probabilmente, al XV sec., è ora in fase di restauro. L’edificio, da luogo di culto, fu adibito a deposito, stalla, cavallerizza e, infine, fu luogo di scambi commerciali. Si tratta quindi di una struttura architettonica dalla destinazione indefinita, versatile, un luogo quasi onirico che si presta ad accogliere una mostra sull’ “immaginario surreale”. Oggi all’interno della navata centrale si sviluppa Arca, un parallelepipedo dalla superficie espositiva di oltre trecento metri quadri, progettato dall’architetto Ferdinando Fagnola. Appoggiato semplicemente sul pavimento, non ha punti di contatto né con le pareti, né con le colonne; la copertura è vetrata, affinché le volte dell’edificio siano visibili. Le navate laterali e l’abside, se pur in via di recupero, restano visitabili o disponibili per eventi espositivi altri.
E se chi ben comincia è a metà dell’opera, si può immaginare che gli organizzatori della prima grande mostra di Arca siano già a buon punto. L’esposizione, promossa dagli enti territoriali (Regione Piemonte e Comune di Vercelli), in collaborazione con la Fondazione Peggy Guggenheim, è stata curata dall’appassionato e competente Luca Massimo Barbero, curatore associato della Collezione Peggy Guggenheim. Vengono presentate, riunite per la prima volta, oltre cinquanta opere realizzate dagli avanguardisti nella prima metà del XX secolo, provenienti dalla collezione Peggy Guggenheim e dal Museo Salomon R. Guggenheim di New York.
Peggy (1898 - 1979), mecenate magnetica, collezionista non convenzionale, precorritrice del suo tempo, ebbe numerosi amici tra i nuovi extra-ordinari bohémiens che amavano superare il confine dell’immaginato. Le frequentazioni europee, le relazioni amorose e i legami intellettuali influenzarono il gusto estetico e le intuizioni dell’ereditiera. Introdotta dall’amico e consigliere Marcel Duchamps agli ambienti del Surrealismo, ne abbracciò da subito i temi filosofici, politici e artistici, in sintonia con il suo spirito ribelle. Un movimento radicale, votato al superamento della statica coscienza perbenista, prigioniera dei propri schemi, attraverso la liberazione di sensazioni legate all’inconscio, ai sogni, all’assurdo. La Guggenheim, organizzatrice di circoli intellettuali ed esposizioni d’arte, fu testimone, promotrice e sostenitrice delle varie fasi di questo movimento, impegno che le valse il soprannome di Dame du Surréalisme.
Peggy Guggenheim e l’immaginario surreale intreccia nella narrazione espositiva la storia della collezionista e delle opere stesse, passando dai protagonisti più celebri a quelli meno noti. Si viene a realizzare, una volta di più, il progetto filantropico di Peggy, la quale non solo documentò la storia delle grandi avanguardie del Novecento, ma riuscì ad appartenere pienamente alla sua epoca.
All’interno di Arca, Chagall, de Chirico, Picasso, anticipatori del movimento, danno il via al percorso chimerico che si sviluppa nelle opere di Mirò, Dalì, Magritte, Giacometti, Tanguy ed Ernst, secondo marito di Peggy. Non mancano capolavori creati per la padrona del Palazzo Vernier dei Leoni, residenza sul Canal Grande nella quale Peggy visse per trent’anni. A tale proposito, si segnala la Scatola in una valigia, di Duchamps: prima tra le celebri valigie, fu dedicata alla prima tra le celebri collezioniste, che la portò con sé negli States.
L’allestimento raccoglie capolavori mai esposti in Italia, come Pittura di Jean Mirò e opere il cui prestito risulta solitamente impensabile, come Il naso di Giacometti. Inoltre, sono presenti lavori di Braumer, Léger, Henry Moore, Jean Arp, Delveaux. Sicuramente, un percorso di visita unico, un allestimento esclusivo, capace di documentare un intero sistema intellettuale, una nuova maniera di concepire l’arte stessa e un nuovo modo di rappresentarla.

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