Art for business Forum, Milano – 23 e 24 novembre 2007

(nota: questo articolo è stato pubblicato su Artkey n°2 - dicembre 2007/gennaio 2008)

Si è svolto a Milano il 23 e 24 novembre il primo Art for Business forum.
Organizzato dalla società di consulenza culturale Trivioquadrivio negli spazi dell’Hangar Bicocca, in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, il forum vuole essere il primo di una serie di appuntamenti dedicati alle relazioni tra il mondo imprenditoriale e il mondo dell’arte. Il presupposto di base è che attraverso l’arte (concetto un po’ ampio ma comprensibile al target di riferimento) si possa contribuire allo sviluppo delle imprese e della classe lavoratrice di questo nostro Bel Paese sempre più inserito in un contesto plurinazionale.
I promotori del progetto hanno chiamato a raccolta personalità provenienti dal mondo delle imprese, dell’arte e delle università per una riflessione comune sui vantaggi reciproci derivanti dalle sinergie tra i diversi settori. Si sono susseguiti workshop con artisti, tavole rotonde, dibattiti, serate dedicate all’arte e diversi momenti conviviali. Rivolto principalmente ai professionisti della comunità aziendale, l'evento ambisce a creare un network orientato alla ricerca e al confronto, disposto a mettersi in gioco e capace di muovere e ampliare i propri punti di vista. Il forum si pone quindi come mediatore tra istanze diverse, consapevole della necessità di dialogo tra soggetti che normalmente si ignorano. Art for Business diviene quindi un’organizzazione che vuole rispondere all’esigenza di integrare i modelli economici classici con nuovi modelli di sviluppo d’impresa, attuali, completati dai valori e dalla sensibilità propri degli ambienti creativi. Si cerca quindi di donare una risposta necessaria ai cambiamenti imposti dall'economia della conoscenza: un sistema nel quale è preponderante la quota di occupazione ad alta densità di conoscenza, in cui divengono centrali i settori legati all'informazione, all'innovazione e al knowhow. La quota di capitale intangibile è spesso maggiore di quella di capitale fisico e il peso economico dei settori che sanno investire in questo senso è in continua crescita. Il messaggio suggerisce alle classi dirigenti di occuparsi di bellezza, di emozioni, di lasciare l'arte entrare nel mondo del lavoro, non più quindi relegata alla sfera del tempo libero. L'investimento in arte e cultura può risultare vantaggioso per un'impresa, per il suo management e per i suoi lavoratori, può innescare esternalità positive reputazionali, legare un'azienda al territorio di riferimento, ispirare un'azione di governance. Fondamentali risultano la definizione di una precisa corporate identity e la capacità di guardare al futuro. Attorno a questi concetti c'è un intenso fermento, l'arte diventa oggetto primario della comunicazione d'impresa per la sua intrinseca qualità di attrarre e di generare valori culturali, semantici, estetici e, non ultimi, economici. Le aziende non possono più sottrarsi dall'essere responsabilmente attente ai valori sociali e culturali delle società nelle quali si inseriscono, composte da consumatori sempre più attenti ed esigenti. Nella realtà però questi concetti risultano tanto astratti quanto poco applicati. Persino sconosciuti a illustri personaggi pubblici. Roberto Formigoni, che in qualità di Presidente della Regione Lombardia ha aperto i lavori della prima giornata, osserva che l’arte è in grado di influenzare i processi produttivi e che può ricavare vantaggio dall’unirsi al business world. Per fortuna, nello stesso pomeriggio, sarà la voce tonante di Michelangelo Pistoletto a opporsi a questa tesi, ricordando come l’arte sia lo specchio della realtà, prezioso indicatore sociale ed economico, che da sempre gode di autonomia propria. Pertanto in un mondo nel quale le sinergie producono sicuramente vantaggi reciproci, è probabile che sia la realtà economica a trarre maggior giovamento dal connubio. L’artista biellese argomenta la sua tesi e propone la creatività come centro della trasformazione sociale responsabile.
Già dalle prime ore pare chiaro quindi che la manifestazione milanese non si pone come obiettivo quello di fornire delle risposte, ma formula quesiti, fa in modo che vengano presentati differenti punti di vista e che si inneschino riflessioni. Incoraggiando il confronto, l’evento si fa promotore, input propulsore, capace di generare nuovi stimoli.
La forza di Art for Business, a nostro parere, risiede nell'aver saputo mettere insieme per due giornate una comunità eterogenea. Osservando la pluridisciplinarietà dei relatori e dei partecipanti e le conseguenti interrelazioni, si è potuto comprendere il significato della termine "rete". I momenti di pausa tra un forum e l'altro sono diventati momenti di interscambio, di trasmissione di conoscenze reciproche, di saperi normalmente custoditi gelosamente. Chiaramente non tutti gli interventi sono stati del medesimo livello, ci sono state testimonianze illuminanti e partecipazioni deludenti e ahinoi anche un paio di dolorose assenze, come quella del professor Semir Zeki, che avrebbe indubbiamente rappresentato una voce fuori dal coro. Interessante la testimonianza di un preparatissimo Francesco Jodice, motivato e chiaro nell'esposizione a differenza di quanti hanno partecipato con lui al forum dal titolo "Il territorio ferito". In questo caso, infatti, le diverse derivazioni professionali, anziché essere una risorsa, hanno creato un pout-pourri di esperienze slegate fra di loro. Gli artisti intervenuti durante le due giornate (oltre a Jodice, il già citato Michelangelo Pistoletto e Ferdi Giardini, artista e designer) si sono rivelati capaci oratori al passo con la contemporaneità socio-politica, attenti e puntuali descrittori della realtà.
Detonanti le lectiones magistrales degli accademici presenti. Il semiologo Paolo Fabbri ha innescato numerose riflessioni con un'ironica e irriverente lezione sull'arte contemporanea, sui gusti e i disgusti. Severino Salvemeni ha deliziato gli uditori con la lettura e il commento di "Lettera ai borghesi" di Charles Baudelaire. Infine, Pier Luigi Celli partecipando a un dibattito, ha proposto un punto di vista realisticamente analitico delle connessioni tra arte e impresa. A parer suo il mondo dell'arte e quello dell'impresa si trovano in antitesi ma poiché risulta conveniente al mondo aziendale investire in cultura ciò avviene. Si tratta di una moda che permette di lavare la coscienza e nascondere "con una foglia di fico" la realtà. Viene il dubbio che non abbia tutti i torti, considerato che anche a livello legislativo ci si muove nella medesima direzione. Come ricordato da Alessandro Laterza, l’Agenda di Lisbona sottoscritta nel 2000 prevede un piano strategico comunitario incentrato sull’economia della conoscenza e il Piano Strategico Nazionale di quest’anno prescrive all’Italia di investire in miglioramento dell’istruzione e delle risorse umane. La riflessione è quindi globale, dal Legislatore a Confindustria, dai grandi ai piccoli industriali; si aprono nuove frontiere di investimento e promozione che risultano convenienti. Per fortuna però, a farci credere ancora nella bontà della natura umana è l’intervento di Andrea Illy che, come un mecenate d’altri tempi, si prefigge di perseguire la bellezza come impegno etico e stile di vita. Attraverso il binomio bellezza – bontà crea una cultura del prodotto e un prodotto di cultura. La propensione all’acquisto ovviamente cresce, ma si tratta di un effetto innescato e non del fine primario. Stimolanti e sicuramente meno filosofici gli interventi dei vari testimonial del mondo imprenditoriale. Caterina Seia di Unicredit ci racconta, oltre alla nota storia del gruppo, di come l’arte smetta di essere un gadget, un surplus per passare a costruire il senso di un’azienda in relazione al territorio e di come la circolazione delle idee possa generare percorsi virtuosi. Il patrimonio estetico di un’impresa deve essere socializzato dapprima all’interno e poi all’esterno dell’azienda. È questa la direzione intrapresa dai gruppi bancari Unicredit e Deutch Bank che aprono periodicamente le proprie collezioni alla visita degli esterni.
A Milano si sono susseguiti oltre quaranta interventi, persino troppi considerato che alcuni si sono rivelati semplici spot. Sarebbe stato più interessante approfondire alcune tematiche, piuttosto che darne un breve assaggio. Bisogna però ammettere che la scelta dei relatori è caduta su eccellenze professionali che difficilmente si ha modo di ascoltare insieme. Ciò è frutto dei numerosi contatti della coppia Cantoni – Previ, già docenti, ricercatori e fondatori di Trivioquadrivio. Se possiamo muovere una critica, che vuole essere un suggerimento per le future edizioni, ci sarebbe piaciuto che ci fossero più relatrici. Il numero dei relatori donne risulta meno di un terzo dei referenti totali. Di questo non si può non rammaricarsi, considerato lo spirito innovatore e pionere che si vuole dare alla manifestazione.
Per ciò che concerne invece i partecipanti al convegno, si può dire che si sia conquistato con successo lo scopo prefissato: il target previsto è stato raggiunto. Sia in sala che ai workshop con gli artisti, la maggioranza degli iscritti risulta provenire dalle aziende e in qualche caso da enti pubblici, pochi gli studenti. Riteniamo comunque che i forum fossero adatti a professionisti di settori che si affacciano ora sulla scena economico-culturale, poiché dal punto di vista di economia della cultura, intesa come oggetto di studio, nulla di veramente nuovo è stato detto. Coloro che hanno avuto modo di approfondire l’argomento, nel percorso scolastico o professionale, hanno potuto soltanto compiacersi della presenza di case history e testimonianze dirette.
Trattandosi tuttavia di un settore in sicura espansione consigliamo di tenere d’occhio i lavori di Art for Business, le future edizioni e gli eventi collaterali che graviteranno intorno. Come promesso dagli organizzatori, si vuole creare un network di persone e imprese “amiche” del forum. Ci auguriamo che la nuova frontiera sia raggiungere le piccole e medie imprese e non solo i collossi industriali, ad oggi i primi a investire in cultura. Sperando che l’appuntamento si rinnovi, concludiamo dicendo che per quante critiche si possano muovere, quando un evento riesce a riunire una comunità di persone e a innescare delle riflessioni, il primo grande obiettivo è sicuramente raggiunto.

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