Kara Walker: l’anima nera della contemporaneità.


(Recensione pubblicata su Espoarte - contemporary art magazine n. 71, giugno-luglio 2011)

È un pozzo profondo e scuro nel quale guardare cercando il riflesso lunare. È seducente, rapisce, è un gioco di scuri e chiari. Eppure fa paura, inquieta, disturba. Ammalia e infastidisce, attrae, lusinga e colpisce duro.
È il lavoro di Kara Walker (Stockton, California, 1969, vive e lavora a New York) artista tra le più note della sua generazione, già vincitrice della MacArthur fellowship (forse la borsa di studio per artisti più prestigiosa al mondo) e ospite dei maggiori musei internazionali, dal Museum of Modern Art di New York al Museo dell’Apartheid di Johannesburg.


Torino le dedica una significativa retrospettiva che supera l’idea di esposizione per proporre un approfondimento a tutto tondo sull’artista e la sua ricerca. A cura di Olga Gambari, il progetto si articola in una mostra eccezionale, corredata da attività didattiche (Fondazione Merz, fino al 3 luglio); una rassegna cinematografica (in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema); un convegno universitario e un workshop riservato agli studenti (in collaborazione con l’Accademia Albertina e la Facoltà di Lettere e Filosofia, entrambi a cura di Luca Morena) e per finire un incontro/confronto con la giornalista Rebecca Walker.
(Kara Walker alla Fondazione Merz, foto di Andrea Guermani)
Seguire i diversi appuntamenti è stata l’occasione per ritrovare in Kara Walker alcune delle caratteristiche del suo lavoro: la semplicità e l’allegria - tanto dell’artista quanto della sua estetica - inducono il visitatore ad abbandonarsi a una sorta di complicità emotiva che lenisce il turbamento provocato dall’umanità dolente che affolla le opere.
Affidandosi a un’iconografia remota, utilizzando tecniche solitamente considerate “inferiori” (secondo un’arrogante e inutile gerarchia delle arti), scegliendo uno stile immediatamente comprensibile, Walker narra di un’epoca mai conclusa nella quale gli essere umani soggiogano i propri simili, costringendoli alla cattività.
Il pensiero si attarda sui concetti di schiavitù e controllo, sulla lotta tra padroni e sottomessi, sulle differenze tra gruppi e il perpetuarsi degli abusi. Le esili e delicate figure dall’apparenza innocua hanno voci tanto potenti da assordare e una luce tanto forte, pur nel nero totale, da abbagliare.
È un pozzo profondo e scuro… un buco nero dall’attrazione gravitazionale così elevata da non permettere l’allontanamento.

Immagine: Kara Walker, The Nigger Huck Finn Pursues Happiness Beyond the Narrow Constraints of your Overdetermined Thesis on Freedom - Drawn and Quartered by Mister Kara Walkerberry, with Condolences to The Authors, 2010, silhouette di carta ritagliata a parete.

Nessun commento:

Posta un commento