Dal fast food alla fast culture: i'm loving it!

È di venerdì la notizia che a gestire la futura Direzione Ministeriale dedicata ai "musei, gallerie e valorizzazione" non sarà Antonio Paolucci, come sostenuto dai rumors e auspicato da molti: Paolucci ha rinunciato e l'on.Sandro Bondi ha proposto la nomina di una persona più giovane, dinamica, che vanta spiccate competenze manageriali. Ebbene, dal cilindro è saltato fuori il nome di Mario Resca.
Mario Resca... Mario Resca ... "chi era costui"? Se ancora non ci siete arrivati è probabilmente perché siete sulla strada sbagliata e cercate, tra i mille nomi presenti nell'hard disk della vostra mente, un Resca direttore museale o manager culturale, piuttosto che storico dell'arte o sovrintendente, oppure docente.
Aiutino dal pubblico a casa: a Mario Resca furono affidate le sorti del gruppo Cirio-Del Monte dopo il crack, membro del CdA di diverse società tra le quali Eni e Mondadori, presidente della Casinò Municipale di Campione d'Italia S.p.A., ha ricoperto diversi incarichi manageriali tra i quali il mandato - ancora in corso - che lo ha visto per dodici anni presidente del gruppo McDonald's Italia. Succede solo da McDonalds. E in Italia.
La nota ministeriale diffusa alle agenzie di Stampa recita che "il dott. Mario Resca ha dato la sua disponibilità, una volta entrato in vigore il regolamento attuativo della riforma del Ministero per i beni e le Attività Culturali, ad assumere l'incarico di direttore della nuova struttura che si occuperà della gestione e dello sviluppo dei musei e delle aree di cultura aperte al pubblico". La new entry lavorerà gomito a gomito con il Ministro, assumendo il ruolo di consigliere "al fine di avviare la sua attività per il rilancio del settore museale nazionale".

Nel fine settimana si sono susseguite le polemiche di coloro che, sbigottiti, si domandano come, al di là delle sicure competenze manageriali, possa una persona del tutto estranea a un settore tanto delicato e complesso, divenirne d'un tratto direttore. Il fatto poi che Mario Resca, come già Bondi, sia persona vicina e cara al Presidente del Consiglio e al sottosegretario Gianni Letta, ha fugato ogni sospetto sulle dinamiche di selezione. Si era parlato, tempo fa, di un eventuale concorso pubblico ed evidentemente il concorso non c'è stato e viene ora reclamato a gran voce. Fiato al vento: qualora ci fosse stata una selezione avrebbe probabilmente sortito lo stesso risultato, come d'abitudine nella terra dei clientelarismi e dei nepotismi, dove non solo i manager delle direzioni ministeriali, ma i ministri stessi provengono da ambienti insoliti.
Cosa ne sarà della tutela e della valorizzazione (compiti ai quali la nuova direzione dovrebbe essere preposta, stando al testo della riforma del MiBAC) non è dato per ora sapere, certo le preoccupazioni non mancano. È giunto quindi il tempo della cultura mordi e fuggi?
Per ora si sa che Resca promette di far uscire sotto forma di prestito un numero maggiore di opere italiane, incrementando la partecipazione nostrana a eventi e mostre internazionali e superando le lungaggini e le barriere tipiche dell'attuale sistema. Il che potrebbe anche andare bene, come potrebbero andare bene nuovi approcci manageriali, restano però forti dubbi sul metodo: si teme l'introduzione di pratiche d'alienazione che da tempo incontrano i favoritismi di una certa politica poco attenta alle peculiarità del territorio e attratta dall'idea di importare modelli del tutto estranei alla nostra tradizione. Altra paura fondata è che, inseguendo i grandi numeri e i profitti, ci si ritrovi a sostenere - data la scarsità di risorse - solo i "grandi" musei e gli eventi di richiamo, a scapito della qualità e dimenticando che l'Italia presenta un patrimonio capillarmente diffuso, caratterizzato anche da piccole e medie realtà che sono veri e propri gioielli patrimoniali, nonché modelli di gestione.
Alla figura del grande manager, ci pare il caso di suggerire - senza voler peccare di superbia -, potrebbe forse essere affiancata una figura dalle competenze più tradizionali. Due consiglieri, due sguardi diversi, due approcci metodologici differenti potrebbero - è vero - finire a discutere su ogni minuzia; ma potrebbero - perchè no? - anche arricchirsi l'un l'altro di nuove prospettive, rendersi complementari fornendo al collega nuovi punti di vista e mettendo a disposizione del Paese uno sguardo trasversale, a trecentosessanta gradi, basato su competenze precise che si intersecano, si completano e fungono una da limite per l'altra.

In attesa della nomina vera e propria e della riforma del Ministero, forse risulta inutile avvelenarsi il sangue con ipotetici allarmismi, in fondo non facciamo altro che ripetere quanto sia urgente l'introduzione di nuove prospettive per far fronte alla situazione odierna.
Ci piacerebbe quindi auspicare in un cambiamento lungimirante, raffinato, utile, umanista ma anche gestionale, colto, illuminato, slegato dai burocratismi. Vorremmo davvero non doverci fasciare la testa prima di essercela rotta, smettere di passare per divulgatori di panico collettivo, disfattisti ansiogeni; ma non possiamo fare a meno di segnalare che il futuro tecnico del Ministero ha già dichiarato di guardare affascinato al modello di Abu Dubai e di considerare il patrimonio italiano "una miniera di petrolio a costo zero".
È necessario aggiungere altro? .

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