Damien Hirst: nuovi lavori all’asta



(nota: questo articolo è stato pubblicato su Artkey n°6 - settembre/ottobre 2008)


Si sa, ci sono nomi di artisti che riescono a far muovere i collezionisti da ogni parte del mondo e uno di questi è sicuramente Damien Hirst. Eppure non è tutto ora quello che luccica, neppure quanto viene fuso sulle corna e sugli zoccoli di un “vitello”.
Mesi fa Sotheby’s annuncia la grande asta che avrà luogo il 15 e 16 settembre a Londra e nella quale saranno battuti oltre 200 lavori di Hirst, la maggior parte dei quali inediti.
Non manca niente, tutte le ossessioni ricorrenti di Hirst ci sono: monumentali sculture di animali in formaldeide, pillole e farmaci, cellule cancerogene, innumerevoli farfalle e soprattutto, masterpiece indiscusso, “The Golden Calf”, il vitello d’oro, per il quale si parla di 12 milioni di sterline!
Le indiscrezioni iniziano a ventilare la possibilità che Hirst abbia deciso di divenire mercante di se stesso: bypassando gallerie e fiere, preferirebbe cedere i propri lavori direttamente alla casa d’asta, aumentando così i suoi introiti diretti e permettendo a Sotheby’s di vantare il mandato esclusivo sulle tanto discusse opere. Il che non stupirebbe, considerato l’estro e il fiuto per gli affari dell’artista.
Ma mentre Sotheby’s organizza le vendite, The Art Newspaper indaga e getta discredito sull’evento. Il 23 agosto, praticamente alla vigilia della grande asta, viene pubblicato un articolo che svela la difficoltà di piazzare un’opera di Hirst sul mercato. I lavori in possesso della White Cube di Londra (una delle gallerie che rappresentano Hirst) sono rimasti per lo più invenduti. O almeno quelli il cui prezzo supera i limiti della decenza! Non a caso il celebre teschio in diamanti e platino aveva causato non pochi problemi a Hirst e alla White Cube: dapprima una serie di dichiarazioni contrastanti sul prezzo finale del “gioiello”, poi le difficoltà a rendere l’opera fruibile – nessun museo può permettersi di assicurare un’opera da 50 milioni di sterline – e infine la tresca sul misterioso acquirente, rivelatosi poi un gruppo di investitori tra i quali lo stesso Hirst e la White Cube!
La decisione di rivolgersi a Sotheby’s sembrerebbe dettata dalla scelta di far togliere le castagne dal fuoco a qualcun altro, ma si rivela in realtà frutto di una valutazione strategica ben più complessa. L’asta permette di presentare un enorme nucleo di opere stando al passo con la prolifica produzione dell’artista: i 223 lotti di settembre sono stati prodotti tutti nell’ultimo biennio; secondo The Art Newspaper solo Murakami e una manciata di altri artisti cinesi riescono a “produrre” quanto Hirst.
L’Inglese è rappresentato da diverse gallerie in tutto il mondo, altre, pur non rappresentandolo direttamente, posseggono alcune opere, infine gli acquirenti interessati possono persino scegliere di comprare “l’arte”senza intermediari, direttamente presso lo studio dell’artista. Ciononostante, Hirst necessita di raggiungere nuovi – ricchissimi – compratori in ogni parte del globo e Sotheby’s si rivela quindi il broker decisivo. Attraverso la sua rete di contatti, la casa d’asta è in grado di raggiungere ogni target del collezionismo mondiale, in particolar modo i nuovi collezionisti, ricchi rampanti che fanno dell’arte uno status symbol e che disertano gallerie e musei, ma rispondono prontamente alle chiamate delle maggiori case d’asta. D’altronde c’è una netta differenza tra proporre opere d’arte e proporre cultura, tra ciò che può essere venduto (anche se a prezzi sfacciati) e ciò che può essere trasmesso. Inoltre Sotheby’s raggiunge luoghi nei quali le istituzioni culturali, soprattutto pubbliche, faticano ad insediarsi o non esistono.
A noi non resta che attendere e osservare l’andamento del mercato che se andrà nella direzione auspicata da Hirst e da Sotheby’s segnerà un precedente non da poco. Infine una curiosità: il titolo dell’asta è “The Beautiful Inside My Head Forever”, altisonante, no?

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