Tagli al MiBAC: le manovre annunciate dal nuovo governo preoccupano gli addetti ai lavori

(nota: questo articolo è stato pubblicato su Artkey n°6 - settembre/ottobre 2008)

Tagli ai beni culturali e al paesaggio: Tremonti amputa i finanziamenti

Salvatore Settis l’aveva denunciato a inizio luglio, tramite il Sole 24 Ore, ma ne sono seguite solamente polemiche utili a riempire le pagine dei media cartacei. Eppure la situazione è obiettivamente preoccupante: se i propositi annunciati da Giulio Tremonti troveranno attuazione il MiBAC attraverserà un lungo periodo di vacche magre.
Il decreto 983/2008 riguardante l’esenzione dell’ICI, emanato in tempi record, porta con sé una serie di criticità. Senza voler approfondire troppo l’argomento, resta aperto l’annoso dibattito su quale priorità attribuire alle diverse tipologie di proprietà. Pubblico versus privato? Esiste possibilità di mediazione? Tagliare la spesa pubblica per favorire i privati o tassare le famiglie per erogare più servizi? Nel caso concreto: sottraendo ai privati una tassa sulla proprietà, le entrate perdute dovranno essere a carico della società e/o di particolari settori del welfare? A voler fare i conti in tasca al Ministro dell’Economia, risulta palese che questi debba recuperare i mancanti introiti attingendo qua e là.
La scelta di tagliare i finanziamenti destinati al patrimonio paesaggistico e culturale quasi non sorprende, anzi risulta in continuità con le proposte presentate dallo stesso Tremonti durante il mandato precedente in cui si giunse a ipotizzare addirittura la vendita di zone costiere e beni demaniali. Far cassa con il patrimonio nazionale risulta quasi un’ossessione e questa volta, accusa preoccupato Settis, si rischia di liquidare definitivamente il Ministero della Cultura o di ridurlo in “stato larvale”.
Per il prossimo triennio la manovra di Tremonti prevede un taglio del 70% delle risorse destinate al MiBAC. Diviene spontaneo ricordare l’art. 9 della nostra Costituzione, inserito non a caso tra i Principi Fondamentali, che recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”
Invece, l'attuale Governo inizia annullando lo stanziamento di 45 milioni di euro destinati al nostro Ministero dal Governo precedente per il “ripristino dei paesaggi degradati” ossia il frutto dell’abusivismo e degli scempi edilizi, nonché della noncuranza e degli interessi di categorie corrotte. Inoltre gli accantonamenti di bilancio dei Beni Culturali previsti per il periodo 2008-2010 (oltre 15 milioni di euro) verranno utilizzati a copertura dei mancati introiti ICI. Infine 90 milioni del prossimo triennio confluiranno nel «Fondo per interventi strutturali di politica economica».
“A questi tagli già cospicui (in totale 150 milioni) si aggiungono le misure ancor più drastiche del recentissimo Dl 112, che sottrae ai Beni culturali 228 milioni nel 2009, 240 milioni nel 2010 e 423 milioni nel 2011: un taglio complessivo di quasi un miliardo che, aggiungendosi ai 150 milioni già menzionati, infliggerà un colpo mortale a un’amministrazione già in grande sofferenza per mancanza di risorse” scrive Settis.[1]
Di questo scarso miliardo, 700 milioni avrebbero dovuto essere destinati alla tutela e alla conservazione, croce e delizia del nostro sistema. Grazie a questa primaria attività il patrimonio italiano è stato preservato (nonostante le numerose carenze), sigillo dell’identità culturale nazionale, vanto ed esempio del paese che per primo ha saputo varare una legislazione destinata alla protezione.
Il delicato compito della tutela e della conservazione - affiancato nel Codice Urbani a promozione, valorizzazione e fruizione - può essere svolto dai privati, ma a differenza di altre funzioni, necessita di continuità, preparazione e competenze che oggi solo le Soprintendenze, ultimo e fondamentale anello dell’Amministrazione Pubblica, detengono. Già nel 2007, Lombardia e Veneto hanno suggerito che tale esercizio venga svolto direttamente dalle Regioni, ma secondo alcuni esperti del settore la situazione si aggraverebbe ulteriormente. Inoltre dal punto di vista legislativo, la proposta sarebbe in contrasto con quanto previsto dal Codice dei Beni Culturali che prevede la collaborazione tra Stato e Regioni. Un’eventuale (e non auspicabile) modifica della Legislazione vigente non sarebbe ipotizzabile se non in tempi biblici, considerato le lungaggini solite del nostro sistema. Insomma, a tagliare si fa in fretta; al contrario per adattarsi alla situazione e predisporre eventuali correttivi si rischia di andare alle calende greche.

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[1] Salvatore Settis, "Governo, programmi e primi atti. Beni culturali in liquidazione?" Il Sole 24 Ore, 4 luglio 2008

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