Da Napoli a Stoccolma, la Fondazione Morra Greco approda in Scandinavia

(articolo pubblicato su Artkey n°7 - novembre/dicembre 2008)

Seb Patane, Lady Angela Wealdstone Courtesy Fondazione Morra Greco

È italiana la collezione, come è italiano il curatore, sono invece cosmopoliti per definizione gli artisti della grande mostra “Archeology of mind” presentata dal Malmö Konstmuseum di Malmö, in Svezia e che in seguito sarà ospitata dal Kuntsi, museo di arte contemporanea di Vasa, in Finlandia.
Si tratta di istituzioni museali d’importanza internazionale, in particolare il Malmö Konstmuseum possiede la più ampia collezione contemporanea di arte nordica, in continua espansione grazie ad un attento programma di acquisizioni. Archeology of mind porta nella penisola scandinava parte della collezione Morra Greco, organizzando così la prima esposizione composta esclusivamente da opere provenienti dalla Fondazione. La mostra, curata da Luigi Fassi, propone una ricerca filosofica e artistica raffinata come se ne vedono poche –purtroppo–.
Si lavora sul concetto di tempo, di per sé un concetto affascinante e fecondo, e in particolare sul rapporto passato-presente-futuro. Sono state scelte, tra le opere appartenenti a Morra Greco, quelle che analizzano il rapporto con il presente attraverso un’indagine con il passato. La conoscenza del tempo che fu non si esplicita in una semplice e sterile trattazione mnemonica, né in inutile culto celebrativo. Scrive Fassi: “Se è da respingersi la storia come scienza asettica, come mummificazione della vita, bisogna invece privilegiare l’esempio antico che stimola verso il nuovo, verso l’esplorazione di territori sconosciuti e carichi di nuovi stimoli”. Queste parole divengono la premessa per una retrospettiva che, attraverso uno sguardo eterogeneo sul passato, conduce a una riflessione sul presente e sul futuro. Il passato viene ancora una volta vissuto, consumato quasi, da un moto creativo e generativo di nuove prospettive. Ma si tratta, tanto per essere il più cervellotici possibile, di un passato qua e là impercettibile, mentale, privato; altrove onirico, surreale; qui violento, là sereno…
L’impresa è ardua: si decide di organizzare una mostra partendo da una collezione già formata, si sceglie un tema e si devono selezionare le opere che possono essere inscritte in quel tema, che in qualche modo possano appartenere a una filosofia di pensiero di non immediata semplicità. I lavori degli artisti devono in questo caso contenere in nuce l’idea di archeologia della mente, ossia ricercare un’alterità temporale, una definizione di sé e del proprio tempo che affonda le radici in un alto cronos. Lo scollamento transitorio sarà quindi nella relazione tra l’artista e il suo lavoro, che, scaturito dalle reminescenze del passato è comunque stato eseguito in un rapido presente che per noi che osserviamo è già passato; quasi come se vivessimo, rispetto agli artisti, un presente meno distante, in una serie di possibilità dilatate in un’infinita successione di istanti che inizia con il tempo raffigurato nell’opera, prosegue con il tempo in cui è stata eseguita e giunge al tempo in cui la godiamo che però si fissa nella nostra mente, persistendo all’attimo della fruizione e superando quindi i confini del momento. Ci auguriamo che la Fondazione Morra decida di proporre la mostra, così com’è stata pensata e realizzata, anche in Italia nelle proprie o in altrui sedi, per darci ancora una volta la possibilità di interrogarci su noi stessi partendo da ciò che è stato, in una ricorsività generatrice di moti intellettuali.

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