La Tate Britain celebra Francis Bacon

(articolo pubblicato su Artkey n°7 - novembre/dicembre 2008)

È iniziata la tanto attesa retrospettiva su Francis Bacon che la Tate Britain ha organizzato per l’autunno. Dall’11 settembre al 4 gennaio Londra celebra uno dei maggiori maestri della pittura del Novecento.
Bacon il pittore, ma soprattutto: Bacon l’uomo. Attraverso il percorso museale ci è dato conoscere meglio Bacon, le sue ossessioni, la povertà e le kermesse, la depressione e la gioia di un controverso protagonista della storia dell’arte più recente.
La mostra, curata da Chris Stephens, è una retrospettiva completa: si passa dai celebri ritratti di uomini - sfigurati, soli, urlanti, interpreti del proprio difficile tempo - agli animali - anch’essi straziati - ai meno conosciuti paesaggi…
Masterpiece il famoso ritratto di Papa Innocenzio X omaggio alla pittura di Diego Velasquez che tanto ispirò e assillò il pittore anglo-danese. E inoltre, altro capolavoro che da solo varrebbe la visita, Three Studies for a Crucifixion, del 1962.
La mostra è stata pensata per essere un reale percorso di conoscenza e coscienza che si snoda tra le sale della Tate Britain corredata da preziosi e completi apparati didattici. Diverse sezioni tematiche, che risultano ben più efficaci dei consueti allestimenti cronologici, nel caso di Bacon per lo meno la cui vita fu turbata da una serie di vere e proprie ossessioni ricorrenti che lo accompagnarono a lungo. Si passa così da “animali” a “ritratti”, ma per coloro che amano Bacon e ne hanno studiato la poetica, risulteranno particolarmente significative le sezioni “crisi”, “apprensione” e “crocifissione”.
Sono passati quasi vent’anni dalla scomparsa del Maestro, eppure ogni lustro che passa pare rendere più attuali le opere, più drammaticamente presenti. Ne scaturisce un’umanità in bilico, ricca di orpelli superflui ma profondamente triste, straziata nel proprio isolamento,divorata da una condizione esistenziale che è una gabbia beckettiana.
La deformazione dei volti, le bocche spalancate in urla sorde o forse soffocate, gli sguardi non più disperati ma ormai quasi vuoti, gli ambienti sgombri e spaziosi ma allo stesso tempo claustrofobici, i vetri sulle tele che – su indicazione dell’artista stesso – vogliono aumentare la distanza con il visitatore, estraniandolo maggiormente, ci rendono spettatori di esistenze patetiche in atmosfere di cellophane. E attraverso le serie dedicate agli animali e ai paesaggi, così poco conosciute, si coglie la visione quasi cosmica della ricerca baconiana, capace di straziare con la stessa intensità una bestia o il papa, annullandone le differenze.
Ma non c’è compassione nella brutalità, l’indulgenza e la pietà sono sentimenti di altri tempi: Bacon, profondamente scosso dalla seconda guerra mondiale e attento ai sottili mutamenti che durante le guerra fredda turbavano gli instabili equilibri esistenti, non fu mai compassionevole, bensì fu un crudo realista che affermò di voler ottenere, attraverso i propri lavori, un sicuro impatto sul sistema nervoso.
E l’obiettivo è stato magistralmente raggiunto.

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